Il 12 sera si è svolta, presso la parrocchia di S. Fedele di via Mesula, un’affollata assemblea pubblica sul progetto F 555 di housing sociale, deliberato dal Comune. All’assemblea, organizzata dal Comitato Colline e Valli di Pietralata che raggruppa vari comitati attivi nel quartiere, hanno partecipato tanti abitanti interessati a conoscere e discutere un programma edilizio piovuto dall’alto, senza nessuna consultazione e partecipazione popolare. Il dibattito ha registrato una netta contrarietà alle caratteristiche con cui è stato predisposto il progetto.
Non vorremmo che passasse il messaggio “siamo contrari all’housing sociale”. Ben vengano appartamenti a prezzi calmierati da dare in affitto o in vendita a giovani coppie, studenti, famiglie che non possono permettersi i prezzi esorbitanti di Roma, ma consideriamo questo programma sbagliato sia dal punto di vista urbanistico che sociale.
Parliamo di 555 alloggi, un vero e proprio quartiere, una colata di cemento e asfalto che produrrà un sovraccarico di cubature, abitanti e traffico a ridosso di un quartiere carente di viabilità, spazi pubblici, servizi e delle più elementari infrastrutture.
Il vecchio Piano particolareggiato, che già era un compromesso concordato con gli abitanti, è stato completamente stravolto: aumentata a dismisura la cubatura degli edifici, sparita la grande piazza centrale, spariti i servizi pubblici previsti, fortemente ridimensionata l’area verde pubblica. Considerato che il progetto sarà realizzato e gestito da privati, che dovranno realizzare un profitto dalla vendita o affitto a prezzi calmierati, possiamo immaginare quale sarà la qualità degli edifici. Invece di recuperare aree dismesse o da dismettere, riammagliare con interventi di qualità la sfilacciata trama urbanistica romana, si continua a consumare suolo e cementificare e tutto questo lo si vuol far passare per riqualificazione urbanistica.
Il piano è sbagliato anche dal punto di vista sociale. Non prendiamoci in giro, housing sociale è la forma moderna e “carina” per definire l’edilizia popolare. Gli esempi passati dimostrano il fallimento di politiche sociali per la casa basate solo sulla quantità, senza badare alla qualità della vita dei nuovi e vecchi abitanti. E’ assolutamente verosimile il rischio che un’eccessiva concentrazione di possibile disagio sociale crei delle sacche di emarginazione, dei veri e propri ghetti. Per evitare questo, per creare integrazione sociale, occorre realizzare piccoli interventi di qualità sparsi sul territorio.
Nei prossimi giorni verrà pubblicizzato un documento nel quale saranno esplicitate queste ed altre perplessità, sul quale raccogliere più firme possibili. Il tutto sarà inviato agli amministratori, affinché ripensino totalmente un progetto del tutto sbagliato.
Come sempre vi terremo informati sugli sviluppi della situazione ma, in ogni caso, non facciamoci tante illusioni e prepariamoci anche a forme di dissenso più incisive.
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