mercoledì 22 settembre 2010

L'uliveto e gli orti urbani in pericolo per l'housing sociale, ovvero quando costruire significa distruggere ambiente naturale e memoria storica

E’ proprio necessario?

Dal caotico incrocio di via di Pietralata con via dei Durantini (a proposito: chiedere un semaforo è troppo?) si imbocca via della Magnetite: la viuzza sale silenziosa tra le palazzine fino all’incrocio con via Brugnatelli, che sembra la prosecuzione naturale della strada, anch’essa d’asfalto. Invece no: via della Magnetite è quella strada sterrata, a sinistra, che prosegue oltre un cancello aperto - soglia di uno spazio ambiguo (uno dei segni della crescita irregolare del quartiere): è una strada pubblica ma si ha l’impressione di trovarsi nello spazio privato delle villette che sbucano alla fine e al lato della strada. Qui c’è l’orto curato dai proprietari della villa giallo ocra, un triangolo di insalata, broccoletti e alberi da frutta tra le palazzine del quartiere. E di fronte, incredibile meravigliosa visione: un uliveto! Sì, nel cuore della città, tra gli autodemolitori e il traffico, una ventina di ulivi occupano, ordinati, un quadrato di terreno. Curati dai proprietari della villetta, sono carichi di olive e risplendono al tramonto evocando uno scorcio d’altri tempi, quando Pietralata era lussureggiante campagna romana.
Ecco: nella mappa del progetto dell’housing sociale al posto dell’uliveto c’è una palazzina:

GLI ALBERI DI ULIVO SARANNO SRADICATI.

“Ci hanno detto che li ripianteranno altrove” ci dice la proprietaria della villetta. No comment (credergli? Se sì: naturalmente le poche cose belle che ci sono in periferia vengono spostate… magari per finire in qualche bella villa: non sarebbe la prima volta). E al posto dell’orto? Guardiamo la mappa: un parcheggio.

A fianco c’è poi il rudere dell’ex colorificio: secondo uno dei mille progetti di riqualificazione del quartiere, sarebbe dovuto diventare un polo culturale, e invece sulla mappa risulta, al suo posto, un’altra palazzina.

Ma non è finita: proseguiamo lungo il perimetro dell’housing sociale. Se torniamo all’incrocio Pietralata-Durantini e ci inoltriamo per la stradina che costeggia il parchetto, via della Lignite, una selva di sterpaglie e spazzatura, si arriva in un altro angolo dove il tempo sembra essersi fermato: casette a uno, due piani e orti. C’è anche quello di Antonio, che appena ci presentiamo ci offre l’uva fragola appena raccolta. L’orto è il suo rifugio: lo coltiva da trent’anni ed era lì che andava dopo aver litigato con la moglie. Oggi arrivano i nipotini: l’uva e l’insalata appena raccolte sono per loro. Anche l’orto di Antonio sparirà. Quel terreno, secondo quanto riportato sulla mappa, diverrà parte di un parco pubblico: una buona notizia per il quartiere, anche se più di un terzo dello spazio verde sarà occupato da una scuola materna e altri “orti urbani”. Spazi ampi per le palazzine, risicati per i servizi.

Per concludere. Non vogliamo dare l’impressione di essere dei nostalgici contrari al cambiamento. Tutt’altro: Pietralata ha bisogno di essere riqualificata e avere servizi pubblici. Ma l’operazione dell’housing sociale, che “domina la top ten dei principali appalti”, come recita Il Sole 24 Ore dell’8 Settembre 2010, ci lascia con molti dubbi, sia dal punto di vista pratico che culturale: a fronte delle ampie cubature previste per gli edifici, i servizi per i cittadini lasciano a desiderare (considerando, inoltre, che il quartiere nel suo insieme ne è privo); la memoria del territorio, con gli orti e l’uliveto, rari testimoni viventi di altri tempi e altri ritmi, verrà rasa al suolo. Possibile che non si sia pensato a come salvaguardarli e farli diventare parte del nuovo progetto, rendendoli patrimonio collettivo? Cemento e asfalto coleranno sopra l’uliveto e gli orti cancellando risorse preziose per l’ambiente e per la memoria della città.


E’ proprio necessario?



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